Guardandolo ho pianto. Il mio permesso di soggiorno a durata illimitata.
Ho pianto come non avete idea, ma questa volta erano lacrime di felicità.
Ogni anno attorno a settembre piango. Mi vengono a trovare l’ansia e la disperazione. Mi sento piccola, indifesa e vulnerabile.
Quando avevo 18 anni, forse presa dai miei sogni e travolta dalla voglia di conquistare il mondo, ho deciso di partire oltreoceano. Sapevo che sarebbe stato difficile. Sarei stata da sola in un Paese completamente diverso dal mio senza neanche parlare la stessa lingua.
Quello che non conosciamo spaventa, eppure io non vedevo l’ora.
Stavo per partire e andare nel paese del grande cinema, degli antichi romani, dell’arte ma soprattutto il paese culla dell’opera, il mio grande amore.
E così sono partita senza capire la differenza tra un visto, un permesso di soggiorno e di residenza.
Per me erano tutti la stessa cosa, e se avevi uno li avevi tutti.
Non immaginavo neanche che all’epoca esistesse pure una differenza tra visto italiano e visto Schengen.
Quindi, al primo mese del mio arrivo, innocentemente ho provato ad andare in Francia con un visto italiano, senza sapere che questo non mi permetteva di spostarmi fuori dall’Italia. Così, sono stata fermata, fatta scendere da un treno e accompagnata in una stanza con altri due stranieri.
È stata la prima volta che ho pianto per motivi gravi, 12 anni fa.
Era un pianto di paura, pur parlando francese non riuscivo a farmi ascoltare, non volevano una spiegazione da parte mia, volevano darne una loro.
Sono stata riportata in Italia con questi due signori che, vedendomi così spaventata e senza parlare la mia stessa lingua, hanno provato a confortarmi con una caramella.
Non scorderò mai quel gesto. Il diverso era gentile.
Arrivati in Italia ho pianto nuovamente. Un carabiniere mi ha abbracciata e mi ha confortata con un “Non piangere, va tutto bene, non piangere”.
Piangevo per sfogo, perché era finita, perché in quel momento mi son sentita al sicuro. L’Italia era diventata “Casa”.
Da quel momento, decidendo di restare, è iniziato un altro incubo.
Volevo restare questa volta senza sbagli, facendo tutto bene e verificando le leggi in ogni dettaglio per poter rispettarle senza eccezioni.
Ho imparato che ti serve fin dall’inizio un permesso di soggiorno. Che devi fare la residenza per accedere ai servizi offerti ai cittadini, ma non lo puoi fare senza un permesso di soggiorno valido. Puoi aderire al servizio sanitario nazionale da studente pagando una quota volontaria, ma occorre un permesso di soggiorno.
E per avere un permesso di soggiorno, oltre ad avere una quantità assurda di soldi sul conto, ti serve proprio quell’assicurazione sanitaria, quindi devi prendere una privata in più per poter continuare nel processo. Ho imparato a preparare la mia cartellina di documenti ogni anno con tutto il necessario prima di un appuntamento. E puntualmente a settembre quando dovevo andare, dopo aver aspettato ore e ore, mancava sempre un documento o quello presentato non era proprio giusto così come era.
Ed ecco che il pianto tornava come se la frustrazione trovasse sfogo in forma liquida.
Nel frattempo ho preso due lauree in economia e fatto il mio prezioso diplomino in canto lirico al conservatorio.
Ho imparato l’italiano e ho trovato un lavoro.
Non dico che con il tempo non sia migliorata la situazione ma ancora ad oggi, per essere perfettamente in regola, manca sempre qualcosa che forse non è sull’elenco ma che “si sa che si deve presentare”. Diciamo che, dopo tutti questi anni, non mi prende più di sorpresa.
Sembra che questo sia una lamentela. Ed è vero anche che sono una che si diverte a lamentarsi perché trovo che sia un modo di sdrammatizzare quel che mi crea scontento.
Ma questo racconto non è una lamentela, con questa storia voglio solo avvicinarvi alla realtà che vivo anno dopo anno, così da rendere l’ignoto familiare.
Amo questo Paese, e pur di rimanere qui ho rinunciato a mille altri sentieri e opportunità di ogni tipo. Sono lontana dalla mia famiglia che è parte fondamentale della mia vita. Mi preparo di continuo per poter migliorare questa comunità, la nostra comunità.
E ogni giorno continuo a fare la stessa scelta, quella di rimanere qui e di chiamare questo posto “Casa”.
La scelta di amalgamare la mia cultura con quella Italiana. La scelta di creare qualcosa qui.
Determinata in questo modo, preparando documenti, investendo tanti risparmi e facendomi consigliare da un avvocato, questo settembre il mio permesso di soggiorno è diventato illimitato.
Avete presente quando nei film l’attore principale guarda con un sorriso enorme la foto di qualcuno a lui caro che porta con se nel portafoglio?
Ecco, a me succede la stessa cosa ogni volta che guardo il mio permesso.
Averlo mi porta conforto, mi fa sentire al sicuro. Non dovrò mai più tornare a quei spaventosi appuntamenti dove mi sentivo piccola piccola, quasi insignificante, dove più di una volta chi era dall’altra parte della scrivania non ha esercitato il suo ruolo in modo corretto e invece di trasmettere sicurezza e rispetto, quella figura che una volta mi ha accolta, trasmette oppressione, paura e mancanza di rispetto.
Ancora non ho conosciuto uno straniero che non abbia subìto queste esperienze almeno una volta nel proprio percorso. Così come non ho ancora conosciuto uno straniero che abbia ottenuto il suo lavoro perché gliel’abbiano regalato.
Ne conosco invece stranieri che hanno lottato, si sono preparati e si son meritati la loro posizione.
Non dico che tutti facciamo le cose seguendo le regole, ma ecco, smettiamo di generalizzare.
Generalizzare allontana le persone l’una dall’altra.
Lo leggo e lo rileggo, e lo leggo nuovamente, durata illimitata. Non posso credere che, dopo 12 anni, finalmente il prossimo settembre non starò più male.
Ho pianto senza contegno, ma questa volta erano lacrime di felicità.
Articolo scritto da Lady Kalliope