Iniziai il corso di burlesque per scherzo. Per me che barcollavo nel delirio delle mie insicurezze sarebbe stato difficile continuare. Eppure intrapresi questo viaggio, con il bagaglio pieno di dubbi e paure.
Il primo scoglio era: come lo dico a mamma e a papà?
Sapevo che avrebbero accettato la cosa, ma avevo il timore che si facessero influenzare dai pregiudizi che il burlesque il più delle volte si porta dietro.
Quando lo dissi a mia mamma mi guardò con quello sguardo che tanto indaga e poco dice e mi chiese se anche io avrei ballato come Dita Von Teese in un enorme bicchiere.
Sapevo che lei sapeva, sapevo che avrebbe fatto fatica ad accettarlo ma che comunque l’avrebbe accettato.
Dirlo a mio papà fu decisamente più difficile per me. Insomma la sapete tutti la classica storia della figlia unica e del papà un po’ geloso no?
Ricordo ancora la prima volta che mi chiese cosa fosse e senza pensarci risposi “È un balletto anni ‘20” e, per non sembrare inesperta, aggiunsi che ballavo il charleston e lo swing.
La situazione era già comica così ma ovviamente non si accontentò delle mie parole e fece delle ricerche. Gli si aprì un mondo che lo turbò non poco.
Perché diciamocelo: immaginatevi un papà che digita “burlesque” su google e vede donne bellissime nelle loro nudità con solo 2 copricapezzoli appesi al seno, cosa può pensare?
Onestamente credo che d’impeto abbia pensato: “MIA FIGLIA FA LA SPOGLIARELLISTA”.
Iniziò a prendermi in giro ma anche a interessarsi di più fino alla fatidica domanda: ”Metti anche tu quei cosi?”.
Insomma è categorico che, se dici di fare burlesque, le persone ti chiedano se anche tu indossi i “copricapezzoli” e, quando rispondi di si, sgranano gli occhi come a dire “ma veramente?”.
Mio papà quando gli risposi di si iniziò a ridere, forse perché non mi immaginava con quei “cosi” attaccati alle tette e magari la cosa un pochino lo imbarazzava.
Con il trascorrere del tempo, entrambi iniziarono a vedermi più leggera e più tranquilla, e a entrambi è bastato un mio sorriso del mercoledì sera (il mio appuntamento settimanale col burlesque) per capire cosa fosse realmente il burlesque: la mia serenità.
Perché poi ci sono tante sfumature, ma ciò che conta è dare un significato personale alle cose.
A loro, che di ricerche ne avevano fatte, alla fine è bastato vedermi felice per capire che la definizione “da vocabolario” di burlesque non era esaustiva e non avrebbe mai raccontato i cambiamenti e i sorrisi che quest’arte ha portato nella mia vita.
Articolo scritto da Noam Sparkly