Una sera di un anno fa, mentre ero alla fermata dell’autobus, parlando del più e del meno con il mio ragazzo, mi disse che secondo lui avevo atteggiamenti da bulla nei confronti di una mia amica.
Ho chiesto spiegazioni, visto che non avevo mai alzato un dito contro di lei e non mi sembrava di averla mai trattata male.
Lui mi disse che escludere dal gruppo o da una conversazione una persona, era una forma indiretta di bullismo.
Qualche anno fa quella osservazione sarebbe entrata ed uscita dalle mie orecchie, senza essere filtrata dal cervello.
Ma ora sono una persona diversa e quelle parole mi ferirono.
In età adolescenziale, e anche un po’ oltre, ero pessima (non esagero). Ne avevo sempre una per tutti. Chi era troppo grassa, chi troppo magra, chi troppo bassa, chi troppo alta e chi più ne ha più ne metta.
Per non parlare dei primi anni universitari quando avevo delle fisse da mettersi le mani nei capelli. Le persone con difetti di pronuncia (zeppola o R moscia) erano off-limits per le mie orecchie.
Non tolleravo le persone di altre etnie e non mi piacevano i cosiddetti “sinistroidi”, e men che meno gli anarchici. Per me erano tutti una massa di cannaioli ubriaconi.
Avevo una selezionata rosa di amicizie, tutto il resto era insignificante.
Con tutta franchezza: ma chi mi credevo di essere? Ero proprio un’arrogante che credeva di sapere come girava il mondo. Mi dicevo che ero spontanea e mai fuori luogo, mentre in realtà ora vedo una bulla che feriva i sentimenti altrui.
La persona che più ho trattato male (al limite del bullismo) ora è la mia migliore amica.
Non sopportavo il suo essere sempre troppo buona. Invece stando con lei ho imparato a fermarmi prima di giudicare e a riflettere prima di parlare.
Vedere le persone dal suo punto di vista mi ha aiutato a mettere in dubbio i miei pregiudizi.
Pregiudizi probabilmente dettati dalla paura di ciò che non conoscevo. L’ambiente ristretto da cui venivo mi faceva avere timore di qualsiasi cosa che fosse “diverso” da me.
Oggi non rimpiango affatto la persona che ero, ora non mi starei simpatica.
Sono cambiata perché volevo essere una persona migliore, volevo sentirmi meglio con me stessa.
E non me ne pento.
In questo clima ostile, dove essere buoni sembra essere deboli, credo fermamente che valga la pena essere migliori.
O almeno provarci, al meglio delle nostre possibilità.