Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Il 25 novembre è solo un giorno, quello che abbiamo scelto per ricordare al mondo intero i volti, le storie, i numeri, di tutte quelle donne che sono state massacrate dal patriarcato.
Eppure la responsabilità della violenza non è solo di chi questa violenza la compie, ma è una responsabilità “condivisa”.
Ogni giorno tuttə noi ne siamo responsabili, senza neanche rendercene conto.
Ne siamo responsabili, ad esempio, quando ridiamo ad una battuta sessista, quando sentiamo un uomo, ma anche una donna, insultare un’altra con i termini più gettonati: t*oia, pu**ana, porca, vacca, cagna e tutti quelli che vi vengono in mente, e non interveniamo.
Donna dedita alla famiglia ad ogni costo. Donna mai proprietaria di un corpo che è suo ma che, in realtà, non è previsto venga utilizzato ad altri scopi se non per soddisfare un marito o un compagno, e dare al mondo dei bambini.
E se provi a liberarti da queste catene con le quali sei nata e cresciuta, se ti ribelli alla società, agli schemi, o ad un marito/compagno/parente violento, abusatore, c’è una buona possibilità che tu venga malamente giudicata (nel migliore dei casi) o brutalmente uccisa.
Ogni 3 giorni una di noi muore. Il 70% delle volte l’assassino ha le chiavi di casa.
Ecco perché alla battuta sessista, agli insulti gratuiti, noi abbiamo il dovere di intervenire. Di beccarci probabilmente qualche occhiata di disapprovazione, di apparire impopolari. Ma dobbiamo provare a spiegare a chi abbiamo davanti perché è sbagliato. Dobbiamo provare a spezzare le catene, dobbiamo provare a piantare un seme di consapevolezza.
Il duro lavoro del delegittimare la violenza contro le donne deve essere compiuto ogni giorno, ed è un lavoro che passa attraverso le “piccole” cose.
Il 25 novembre è solo la giornata che abbiamo scelto per ricordare le vittime del Femminicidio, chi è stata assassinata per avere una colpa soltanto: essere nata donna.
Non dimentichiamolo mai.